Il 15 marzo è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla: una ricorrenza che da 10 anni chiede una riflessione sulla problematica dei disturbi alimentari.

Abbiamo chiesto al Biologo Nutrizionista Andrea Sbrana, che da anni opera nel settore, di fornirci un quadro generale e attuale della situazione italiana.

In questo periodo di pandemia è stato riscontrato che le persone che avevano già sofferto in passato di anoressia, bulimia o disturbo da Binge Eating (disturbo da alimentazione incontrollata) hanno avuto delle ricadute, per lo più legate allo stress del periodo che sappiamo e stiamo vivendo e alle relative conseguenze nella vita di tutti i giorni.

Allo stesso tempo e per le stesse ragioni, anche chi non soffriva di questo genere di disturbi ha iniziato a svilupparli, soprattutto tra gli adolescenti: infatti, dagli ultimi dati a disposizione, si evince che sono ben il 30% in più i ragazzi che hanno sviluppato questo tipo di patologie durante l’ultimo anno. La didattica a distanza, la lontananza dagli amici, il vivere prevalentemente a casa, nella propria cameretta, ormai diventato lo spazio vitale dentro al quale costruire la propria quotidianità, hanno contribuito a creare sofferenza e disagio che, molto spesso, si sono tradotti in disturbi alimentari. Questi, di solito, arrivano tardi all’attenzione dello specialista, perché i primi sintomi evolvono lentamente; tuttavia, dall’inizio della pandemia, l’evoluzione della malattia è diventata più rapida, accelerando nella fase iniziale con una relativa diagnosi più precoce e un intervento degli specialisti più rapido con una probabilità di guarigione maggiore perché in questi casi prima si interviene e meglio è.

Tipicamente, chi inizia questo percorso patologico:

• pone molta attenzione al cibo, eliminando i cibi più grassi e impoverendo sempre di più la propria dieta;

• mentre mangia, diventa più silenzioso ed estremamente concentrato;

• pone un’eccessiva attenzione al corpo e all’aspetto fisico che porta a guardarsi allo specchio in modo diverso.

Solitamente si comincia con una dieta drastica che fa perdere peso velocemente e rafforza il desiderio patologico di magrezza. Il piano alimentare altamente restrittivo può nel medio o lungo periodo sfociare nel digiuno, seguito in molti casi da abbuffate ricorrenti che funzionano da fattori di mantenimento. Oltre a ciò, si possono, nella maggior parte dei casi presentare altri comportamenti disfunzionali per il controllo del peso, come il vomito autoindotto, l’uso improprio di lassativi e/o diuretici, che rafforzano e/o mantengono il problema. L’esercizio fisico, inoltre, può diventare eccessivo e compulsivo. I continui check del corpo, finalizzati a testarne la magrezza, l’insoddisfazione corporea, il “tarlo” sull’alimentazione mantengono alta l’attenzione sul disturbo, il quale ostacola il potenziale di autorealizzazione personale, danneggia la salute, la psiche, il lavoro, la scuola e, infine le relazioni, sfociando nell’isolamento sociale.

Per curare tali disturbi è necessario un approccio multidisciplinare in cui intervengono varie figure professionali: psichiatri, neuropsichiatri, psicologi e anche nutrizionisti specializzati in tale campo. Questi ultimi sono molto importanti perché devono intervenire per resettare piano piano l’individuo con una vera e propria rieducazione alimentare (nei casi più gravi si riparte proprio dagli omogeneizzati); sono, praticamente, chiamati ad aiutare il paziente ad uscire dalle proprie ossessioni, accettando progressivamente l’integrazione di nuovi cibi e la modificazione del proprio corpo. I nutrizionisti spesso intercettano il problema prima dei terapisti, intervenendo con programmi di dimagrimento per l’obesità infantile e adolescenziale. Spesso i ragazzi affetti da DCA (disturbi del comportamento alimentare) sono stati bambini obesi o hanno chiesto ai propri genitori di essere accompagnati dallo specialista per una dieta. È molto importante, quindi, tale figura che dovrà rendersi conto tempestivamente se c’è il rischio di una patologia, intercettando i primi segnali e, con tutti i mezzi a sua disposizione (coinvolgendo anche la famiglia del paziente), cercando di riuscire a portare “fuori dal tunnel” la persona affetta da un disturbo alimentare, accompagnandola passo dopo passo senza che quest’ultima si senta mai abbandonata in un tale percorso.

Dott. Andrea Sbrana

Biologo nutrizionista (spec. Scienza dell’Alimentazione)